Sigmund Freud, ai primi del novecento, esprimeva i suoi concetti sul trauma, ansia e stress. Si trattava di concetti riferiti all'uomo, alla sua esistenza e alla sua mente.
Chiaro, non è questa la sede per un "trattato" su questi concetti e su Freud, del resto non è materia di mia competenza, per cui vado al dunque...
Dopo circa un secolo, lasciatemi passare il concetto: "lo stress non riguarda solo l'uomo ma anche i suoi strumenti di lavoro" e, in questo caso, di comunicazione.
Parlo dello stress dell'etichetta, tenendomi lontano da un'altro tipo di stress, quello dell'etichettatura che "colpisce" aziende e consulenti.
Si, l'etichetta è stressata, per essere chiari subisce stress.
Questa condizione è dovuta a molteplici fattori e per questo chi le utilizza, così come chi le produce, deve fare attenzione affinché l'etichetta abbia le "capacità" di resistere allo stress a cui inevitabilmente sarà sottoposta.
Un po' come agli esseri umani si richiede come soft skills la "capacità di resistere allo stress" professionale.
Al netto dello stress che subisce per la produzione della sua materia prima, tra i principali stress a cui sarà sottoposta l'etichetta vi è la tecnologia di stampa che sarà adottata, compreso il sistema di asciugatura che prevede la stampa stessa. Altro stress sarà quello dovuto alla fase di applicazione dell'etichetta sull'imballaggio.
Figuriamoci poi lo stress che riguarda le temperature a cui il prodotto sarà sottoposto, tenendo conto anche dell'eventuale esposizione a fonti di calore o all'umidità, un esempio su tutti è l'esposizione agli agenti atmosferici.
Fonte di stress sono anche la catena del freddo e le inevitabili variazioni climatiche per i lunghi trasporti internazionali o intercontinentali.
Invero, pensando a tutti i chilometri e ambienti che affronterà questo affascinante strumento d'arte comunicativa ...mi sale lo stress!!!