Mi rifaccio ad una famosa frase di un grande film, "per un pugno di dollari", con Gian Maria Volontè e Clint Eastwood: "quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto".
Posso affermare, quindi, che questo vale anche nel campo dell'etichetta.
Più esattamente, secondo me: "quando un'etichetta a foglio incontra un'etichetta a bobina, quella a foglio è un'etichetta morta".
Negli ultimi venti anni in particolare, la versatilità, i materiali, l'uso legato alle tecnologie di confezionamento, le tecniche di stampa, compreso la digitale, hanno portato a un notevole incremento dell'etichette a bobina.
Oramai, la stragrande maggiornaza dell'etichette, che vediamo sugli scaffali, sono prodotte a bobina.
Del resto, anche le tecnologie di stampa si sono evolute in questa direzione.
In primis la flessografia, che da parente povera della off-set, ha raggiunto livelli di grandissima qualità a costi ridotti, che non le fanno certo invidiare la bellissima, storica e intramontabile off-set.
Per non parlare poi delle "nobilitazioni", che arricchiscono l'etichetta, configurandole degli effetti visivi straordinari, come la serigrafia e la stampa a caldo. Quest'ultima, mia grande passione, si è "trasformata" a freddo, tecnica usata per andare incontro alle esigenze produttive, per macchine "supersoniche".
Insomma, con tutto il rispetto e l'amore che ho, per la stampa di etichette a foglio, con cui ho iniziato a fine anni settanta, questa avventura nel settore dell'etichette, oggi, quando vedo un'etichetta a foglio e una a bobina è come se vedessi "un fucile fumante".