Nel corso dei miei studi, nell'ambito del diritto alimentare e soprattutto relativamente al settore dell'imballaggio e dell'etichetta, ho notato che il legislatore probabilmente concepisce il consumatore come un supervedente o un normovedente con particolari capacità e… “non vede chi non vede”.
Questa teoria, del tutto personale, si è cristallizzata da quando mi occupo delle informazioni ai consumatori anche per i disabili visivi. Una specializzazione e studi di cui vado molto fiero, impreziosita con una tesi universitaria di qualche anno fa.
Mi sono fatto l'idea che le normative, in via generale, non sono concepite per coloro che hanno una disabilità visiva.
Del resto, la stessa normativa sull'etichettatura dei prodotti alimentari (Reg. UE 1169/2011), all'art. 13 e all'allegato IV, prevede un minimo di altezza dei caratteri, per comunicare le informazioni ai consumatori. Altezza della linea mediana dei caratteri idonea ai supervedenti e a quei normovedenti che vogliono mettere alla prova la propria capacità visiva.
Insomma, nessuno pensa ai milioni di consumatori europei, e anche connazionali, che non fanno parte delle due fortunate categorie. Se non altro per rispetto della sicurezza alimentare, di cui le informazioni sono certamente un pilastro.
L'accessibilità alle informazioni per tutti è un dovere.
Dalle mie informazioni, qualcosa a livello europeo si sta muovendo, si spera sia la volta buona che “vedano bene chi non vede”.